Dom. Giu 1st, 2025

(quarta puntata)

di Francesco Principato

Ci accingiamo a lasciare Noto ma una basola b…arocca non vuole farci andare via, non subito almeno: una mattonella nera mancante alla salita e una molto sporgente mette KO una ruota anteriore che ha fatto un bel botto. Lo scoppio del pneumatico ha attirato alcune persone e una coppia di restauratori è uscita dal suo laboratorio. I due artigiani si sono avvicinati, hanno chiesto, mi hanno guidato a fare manovra per togliermi dalla strada e accostare e poi… hanno cominciato ad aiutarmi.

A dire di mia moglie ha fatto quasi tutto lui e la sua provvidenziale chiave a croce che aveva nel suo magazzino: mette cric, smonta ruota, estrae quella di scorta che nella Clio è lavoro per plurilaureati, monta ruota di scorta. Come se non bastasse anche la signora si rende estremamente gentile facendoci accomodare nel laboratorio di restauro che più che bottega di riparazioni sembra una galleria artistica. La signora ci spiega che operano soprattutto su opere d’arte ecclesiastiche. Dopo averci fatto ammirare alcune opere in lavorazione ha suggerito al marito di accompagnarci dal gommista. Insomma, a farla breve passiamo quasi due ore in compagnia di queste squisite persone. Mi offro per un rimborso del tempo e lavoro perso nel laboratorio e questi Samaritani moderni non ne vogliono sentire ragioni. Non ci resta che scambiarci il numero di telefono e offrire la disponibilità a ricambiare cortesia e buona creanza qualora si trovassero nei pressi di Agrigento. Possiamo prendere la via per Siracusa e durante il viaggio commentiamo questa senso di solidarietà e sostegno ricevuto; io e mia moglie siamo indecisi se attribuirli a un altruismo dettato da bontà o se c’entri anche l’abitudine alla vocazione turistica, non quella del giusto utilizzo economico del forestiero, quanto il rispetto, la considerazione, la benevolenza dello straniero. Che sia poi il portatore di agiatezza economica o semplicemente di diversità umana e culturale, è sempre ricchezza che si riceve dall’altro. Concludiamo che se non esiste questa attitudine umana non può esistere convivenza, il primo gradino di qualsivoglia attività turistica e ricettiva.

Arriviamo a Siracusa con un bel ritardo sulla tabella di marcia ma l’albergatore ci ha aspettato per il chek in. L’alloggio è in pieno centro di Ortigia, con vista su Porta Marina e su una miriade di bar ristoranti trattorie friggitorie negozietti bazar gelaterie che c’è da girar la testa. Per il pranzo chiediamo consiglio al nostro ospite. Ci raccomanda l’osteria Sveva, proprio davanti al castello di Maniace. Disfiamo la valigia, doccia rinfrescante, cambio d’abito e via attraverso il centro di Ortigia. Mangiamo spaghetti alla siracusana “cu i masculini frischi”. Alici veramente profumati e piatto molto gustoso, chiedo lumi sul condimento ma non per curiosità ma per farne una replica a casa, un’alternativa della nostra pasta cu l’angiovi.

Il castello, intestato al comandante bizantino Giorgio Maniace, splendidamente conservato nelle sue linee architettoniche, è stato edificato attorno all’anno Mille ma è con la dominazione Sveva attorno al 1200 che ha il suo massimo sviluppo e splendore. Oggi le camere sono spoglie di ogni reliquia ma questo “vuoto” esalta la magnificenza di volte, colonnati, archi e mura difensive lungo le quali è possibile svoltare l’estrema punta di Ortigia rimirando il mare cristallino e… i primi temerari bagnanti.

Per vicoli e strettoie fragranti di aromi di cibarie e profumi floreali puntiamo piazza del duomo. La Cattedrale Metropolitana della Natività di Maria Santissima ci lascia senza fiato per la sua candida bellezza e per le colonne che la circondano. Ad Agrigento siamo abituati a vedere chiese sorte su basamenti di templi greci, a incorporazione di gradoni colonne capitelli ma la maestosità del duomo  e dei pilastri  dell’antico Athenaion di stile dorico è unico e spettacolare. Ancora più suggestivo è vedere le colonne dall’interno della cattedrale, armonicamente integrate con cappelle medievali d’epoca Normanna e  navate di periodo barocco. Pensare che questo luogo è centro di culto ininterrottamente da quasi tre mila anni provoca indubbiamente una spiritualità interiore. Godiamo ancora un po’ della frescura del duomo e usciamo a visitare la vicina chiesa di Santa Lucia alla Badia, subito dopo ci facciamo scattare una foto alla fontana di Diana e poi tagliamo verso il mare, verso il nostro alloggio: alle 19,00 inizia lo spettacolo al teatro antico.

La recensione di Edipo a Colono per la regia di Robert Carsen la leggerete da chi si è sbafato gli accrediti, qui racconteremo di come arrivati al parco archeologico Neapolis, pur essendo in largo anticipo, veniamo scortati nel settore descritto nel biglietto, ‘nzamà riusciamo a sbirciare le attrazioni del parco senza sborsare il prezzo per l’assessorato. A proposito di biglietti va fatta una riflessione: i biglietti vanno da 35 a 70 euro ma vi avviso subito che i biglietti da 35 euro sono praticamente in alto, tipo il terzo anello di San Siro: per vedere l’espressione degli attori occorre il binocolo o magari si potrebbe ovviare con uno schermo gigante con immagini in primo piano (foto col cellulare è inutile farne). Altro avviso: l’Inda noleggia i cuscini ma il problema doloroso più che alle chiappe è alla schiena che senza appoggio non vede l’ora che arrivi la scena finale. Certo che i posti da 70 euro sembrano più comodi e consoni per assistere a una tragedia greca ma il costo mi sembra eccessivo per una manifestazione culturale promossa da una fondazione onlus. Vero è che alcuni spettacoli vengono proposti a prezzo unico di 15 euro ma è solo per i residenti della provincia di Siracusa. Tant’è!

Tornando allo spettacolo, la regia inflessibile di Robert Carsen, la elogiabile interpretazione  di Giuseppe Sartori – Edipo possente, la grandiosità dei gruppi corali hanno strappato applausi e ovazioni, anche ai giovani dagli ormoni in subbuglio. Usciamo dal teatro dopo che il sole è tramontato. Domani per la Elettra ci ripromettiamo di venire più presto e soprattutto di pagare l’obolo per visitare tutto il parco archeologico. Trenta e du vintottu.

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