di Francesco Principato
Al TEATRO DELL’EFEBO : Notturno Pirandelliano
due atti unici di Luigi Pirandello: All’uscita e L’uomo dal fiore in bocca
Non inizia sotto i migliori auspici la XXXVI edizione della Settimana Pirandelliana, fortemente voluta per rinnovare un festival del passato di grande seguito e per rinnovare il memorial allo stimato Pippo Montalbano. Prima la cancellazione delle previste repliche di Il berretto a sonagli con Gianfranco Jannuzzo, poi il cambio della rappresentazione con questo Notturno Pirandelliano, composto dagli atti unici All’uscita e L’uomo dal fiore in bocca, che doveva vedere protagonisti Corrado Tedeschi e Debora Caprioglio ma che fino all’ultimo sono rimasti in forse per l’incerta disponibilità dei protagonisti. Alla fine l’attrice veneta ha dato forfait per indisponibilità fisica ma la pièce è andata in scena lo stesso e ha aperto il dittico pirandelliano.
All’uscita narra di un momento di “transito” fra la vita e la morte, o meglio, di quell’attimo in cui da morti si è ancora attaccati alla vita, se c’è qualcosa che ci mantiene ancora legati a qualcosa o a qualcuno. C’è chi questo legame l’ha con la moglie fedifraga e l’aspetta comunque per andare insieme; c’è chi ce l’ha per una melagrana che non è riuscito ad assaggiare, c’è chi non ha nessun legame se non con il ragionamento e… vede passare tutti senza potersi mai liberare di quella precarietà che lo costringe al limbo. La regia di Antonella Lo Bianco alza troppo i toni della recitazione, mostrando più spiriti disperati che anime confortate nel momento del passaggio all’eternità. Franco Mirabella e Massimiliano Lombardo discettano animosamente, troppo, e gli altri esseri di passaggio sembrano già privi di energia pur essendo ancora del regno dei vivi.
L’uomo dal fiore in bocca è il quasi monologo arcinoto dell’ammalato perseguitato dalla moglie che lo vuole chiuso in casa in attesa dell’epilogo della vita. Corrado Tedeschi è un ottimo interprete e sfoga la sua rassegnazione e il contemporaneo diritto a non morire prima del suo giorno; lo fa con armonia, con piacevolezza recitativa, con pacata animosità: lo fa da grande attore.
Commedie dai toni molto cupi e dalle argomentazioni da definire quasi tetre. O forse lo sono sembrate di più perché successive a annullamenti e malattie, se poi si aggiunge l’annuncio della morte di Pippo Baudo dato nell’intervallo, si può senz’altro dire che non è stata una serata allegra né divertente, sotto diversi punti di vista.
Eppure ci si chiede: Luigi Pirandello ha scritto centinaia di commedie una più interessante dell’altra, perché allora assistere a 3 o 4 versioni di Il berretto a sonagli ad ogni stagione? Perché sempre gli stessi atti unici? Perché tutti i nuovi filologi pirandelliani mantengono questo ristretto orizzonte delle opere di Pirandello? Eppure la produzione del Nobel agrigentino spaziano dall’umorismo al metateatro, dal dramma alla commedia grottesca, eppure nessuno nella sua terra osa mettere mano a Ma non è una cosa seria oppure a I giganti della montagna o Sei personaggi in cerca di autori.
Tant’è che la settimana pirandelliana continuerà All’ombra del Caos, spettacolo di Teatro/Danza “evolutivo” e con Quadri di Liolà, commistione musicale recitativa a sfondo teatrale. Saranno sicuramente ottimi spettacoli ma di questo passo viene da domandarsi: cosa resterà di Luigi Pirandello nella “sua” settimana?
Sì, certo. Intanto si è ripresa la Settimana dopo tantissimi anni e va bene, e intanto ci pare cosa buona ripristinare il premio intestato a Pippo Montalbano e poi…. e poi si spera che si possa fare meglio. (fotogallery di Diego Romeo)

















