di Salvatore Parlagreco
I pesci volanti esistono in natura, ma sono anche una categoria dello spirito. Vi appartengono esseri umani dotati di qualità speciali, come ali interiori, che permettono loro di sollevarsi sopra le correnti della vita. Compiono salti audaci fuori dall’acqua per poi tornare a immergersi nella realtà quotidiana. La loro diversità, però, li rende vulnerabili: quando si mostrano, come i pesci volanti, diventano facile preda di uccelli rapaci; quando si rituffano, rischiano di finire in bocca a pesci più grossi.
Pascal Schembri, scrittore e chansonnier per vocazione, autodidatta, figlio orgoglioso di Realmonte e residente a Parigi, è uno di questi pesci volanti. Non lo sa, ma lo è. E proprio per questo, è anche una magnifica preda. Vive immerso nei libri, nella musica, in tutto ciò che ha a che fare con l’arte – e con la Scala dei Turchi, musa fedele della sua ispirazione, e quando apre le sue ali e compie un balzo nel mondo, come fanno i pesci volanti, finisce inevitabilmente per disturbare l’equilibrio di chi sorvola o abita territori gelosi delle proprie altezze. Così, da patron del Premio Letterario “Scala dei Turchi” – iniziativa generosa che ha reso felici tanti appassionati della scrittura – si è trovato, primo nella storia, oggetto di una curiosa revoca del patrocinio morale da parte del sindaco del suo paese. Ma la morale, essendo un bene immateriale, non può essere né confiscata né convertita. E infatti nessuno si è lasciato dissuadere: l’evento ha avuto luogo regolarmente e con successo, e Pascal ha potuto ancora una volta festeggiare insieme ai suoi autori premiati.
Il Premio, l’Associazione e la Casa del Libro rappresentano il terminale di un’esistenza interamente dedicata alla cultura: Pascal chiama i suoi libri, “figli adottivi” – e ne ha stampati ben 48, forse di più. Ogni copertina porta un frammento della sua anima, ogni pagina una traccia della sua ostinazione amorevole. Tutti insieme, questi volumi sono confluiti in un’antologia che li raccoglie e li celebra, brano dopo brano.
Dopo una vita da emigrato in Germania e in Francia, Pascal ha deciso di investire tutto ciò che aveva risparmiato per realizzare il suo sogno: diffondere letteratura, far conoscere sé stesso e gli amici autori che ama. Ha fondato un’associazione di scrittori e lettori, e le ha dato una casa. La sua stessa vita è perciò forse il suo libro più bello, il più accessibile, il più sincero.
I suoi volumi – le 48 barche messe in mare – portano un messaggio chiaro e prezioso: solo il libro può cambiare la realtà, altrimenti immutabile. Mi fa pensare a quelle piccole imbarcazioni inglesi che, nella notte più oscura della Seconda Guerra Mondiale, attraversarono la Manica per riportare in salvo i soldati a Dunkerque. Anche i libri, messi in mare da mani semplici e generose, possono salvare l’anima: la cultura non è un’arma, ma una luce. Chi la ama non ha bisogno di possedere altro per coltivarla, e riesce a compiere un atto di fiducia e bellezza.
E a chi, come Pascal Schembri, naviga tra parole, sogni e ostacoli con la forza mite di chi crede, va riconosciuto un merito raro: quello di avere reso la propria passione un dono. Senza pretese, senza retorica, semplicemente amando ciò che gli altri talvolta dimenticano di onorare: il libro, come gesto di salvezza. E di riscatto. (Pascal Schembri foto di Diego Romeo)
