Stasera, ai piedi del tempio della Concordia di Agrigento, il concerto di Riccardo Muti e della sua orchestra giovanile Cherubini diffonderà nella struggente bellezza della Valle dei Templi il suono di note immortali. In programma Beethoven, Mendelssohn-Bartholdy e infine “I vespri siciliani” di Verdi.
L’evento si annuncia come il clou del programma di Agrigento Capitale della Cultura 2025, ma, come accade ormai regolarmente, il concerto non fa parte del dossier originario con cui la città ha vinto, su altre concorrenti italiane, il titolo messo in palio dal nostro Ministero della Cultura.
La Regione Siciliana, che, con la “cabina di regia” istituita ad aprile e rinnovata nella governance il 26 giugno scorso, ha in mano – e si direbbe interamente – la gestione finanziaria e organizzativa delle manifestazioni agrigentine, ha finanziato il concerto per 650.000 euro. Una cifra colossale, come è stato già sottolineato da autorevoli osservatori, trattandosi di un’orchestra prestigiosa, certo, ma giovanile.
In più l’anno scorso il concerto di Muti e dell’orchestra Cherubini a Lampedusa è stato realizzato con soli 100.000 euro: cosa ha provocato una tale abnorme lievitazione dei costi di produzione? Potrebbero entrarci qualcosa le riprese di Rai1, che manderà in onda in tivù il concerto ai primi di agosto? E in tal caso non ci sarebbe da aspettarsi che il “servizio pubblico” garantito dalla RAI fosse a carico del canone che paghiamo tutti in Italia, e non di un ulteriore aggravio sulle spalle dei siciliani già “finanziatori” loro malgrado dell’evento con i fondi del bilancio regionale?
In più, essendo finanziato dalla Regione – e non da un impresario privato – e svolgendosi in un parco archeologico che è tra i più importanti luoghi della cultura d’Italia si tratterà forse di un evento gratuitamente aperto al pubblico? Con giovani e meno giovani seduti o accovacciati ai piedi del più iconico tempio agrigentino per immergersi nella magia della musica sinfonica?
Assolutamente no. La platea di 600 posti, già sold out, contempla biglietti da 155 o 105 euro: una cifra proibitiva, per una coppia di ragazzi agrigentini che volessero godere di questa esperienza nella loro città “capitale della cultura” per un anno, e che dovranno accontentarsi della differita Rai di agosto. Il resto sarà uno spettacolo per pochi, i vip locali in abbigliamento esclusivo d’ordinanza, le “autorità politiche, civili e militari” di certo, in una passerella in cui staranno tutti a complimentarsi tra loro dicendosi nemmeno tanto tra le righe quanto sono bravi….il trionfo del provincialismo più gretto, su cui cent’anni fa ironizzava ben consapevole dei difetti dei suoi conterranei Luigi Pirandello .
Naturalmente Muti è Muti e il concerto sarà certamente straordinario.
Però l’episodio dice molto di come si stiano gestendo le attività di Agrigento capitale: un pozzo senza fondo di soldi pubblici, assegnati con incarichi affidati – in gran parte dei casi con trattativa diretta – all’ultimo momento, in alcuni casi persino prima che il finanziamento regionale fosse stato decretato ( DDG n. 2886 del 12 giugno 2025, assessorato regionale dei beni culturali).
Tutto quello che oggi ruota intorno alla cultura, in Sicilia, appare insomma un paravento per una distribuzione senza controllo di fondi pubblici, e su questo sperpero le cronache ci stanno rivelando ogni giorno di più dettagli poco edificanti.
Pensiamo invece che con la stessa cifra che la Regione Siciliana brucerà in una sola serata per il concerto di Agrigento si sarebbero potuti fare il restauro di un monumento rovinato dal tempo, uno scavo archeologico importante, la messa in sicurezza di qualche sito archeologico (e ce ne sono tanti!) abbandonati all’incuria e all’indifferenza delle istituzioni.
Ma anche l’apertura di una nuova biblioteca pubblica in qualche centro marginale dell’interno, dove solo la lettura di un libro può aprire la mente dei più giovani alla scoperta del mondo, ed aiutare il compito “dell’esercito di maestre”che per Gesualdo Bufalino un giorno potranno sconfiggere la mafia in Sicilia. CONSAPEVOLEZZA E’ CULTURA, E INSIEME SONO LIBERTA’
Ma soprattutto, ed è la considerazione più amara e grave, questa gestione siciliana esclusivamente “turistica” e banalmente commerciale del patrimonio culturale tradisce radicalmente gli scopi per i quali nel dicembre del 1974 Giovanni Spadolini e il governo diretto da Aldo Moro istituirono in Italia il Ministero dei Beni Culturali. Affinché la tutela e la conservazione dell’immenso patrimonio culturale italiano, che eccelle in ogni settore e che per tale ragione la nostra costituzione pone tra i fondamenti della Repubblica, diventassero il cuore pulsante della comunità nazionale.
Art. 9 “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica.Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.”
Che ne è di tutto questo oggi in Sicilia?
Caterina Greco archeologa.
Ha diretto il Museo Salinas di Palermo, il Parco di Selinunte, il Centro Regionale del Catalogo, la Soprintendenza ai beni culturali e ambientali di Agrigento. Ha operato anche nello Stato come Soprintendente Archeologo della Calabria e della Basilicata.