Nell’anno della nomina di Agrigento a “Capitale della cultura 2025”, mi è sembrato opportuno mettere in evidenza le doti intellettuali di Pirandello “mostro sacro” della letteratura mondiale e fare contemporaneamente il punto su quanto è stato metabolizzato della vita, del pensiero e dell’ambiente descritto dallo scrittore nell’unico romanzo che ritengo non storico ma verosimilmente storico: “I Vecchi e i Giovani”. La pubblicazione del libro “Girgenti-Agrigento, capitale della cultura 2025”, vuole essere un’analisi di confronto tra la città del romanzo e ciò che oggi offre Agrigento attraverso quindici tematiche ed un questionario. Il romanzo ripercorre la storia dall’Unità d’Italia fino alla nascita ed alle rivolte dei “Fasci dei Lavoratori Siciliani”. Tuttavia gli avvenimenti storici sono intercalati a piacimento senza, talvolta, mantenere né un ordine cronologico né una verità oggettiva, compiacendosi lo scrittore di penetrare soprattutto nei ragionamenti intimi che poco hanno a che fare con la Storia.
I protagonisti, chiusi nel guscio del proprio “io”, nell’alienazione, nella solitudine, negli istinti inconsapevoli e non controllabili della psiche umana, rivelano una storia soggettiva e non corale, non di massa né di popolo. Gli amori, i tradimenti coniugali, i difficili rapporti all’interno delle famiglie, le ambizioni personali rendono secondarie e talvolta dispersive l’epopea risorgimentale che aveva suscitato fervore e speranze di un avvenire migliore.
Tanti sono gli episodi narrati dove Pirandello sembra divertirsi a romanzare la Storia e, nello stesso tempo, a fare della letteratura un documento storico. La trama scorre lineare: presente e passato si fondono e confondono così intimamente che viene difficile cogliere fin dove arriva la verità e la finzione. Le alterazioni fisiche, le storpiature storiche, la sovrapposizione di vicende di molte vite individuali restano “nei di bellezza” per comprendere gli avvenimenti dopo l’Unità d’Italia.
Il romanzo pur attinenti a fatti di Storia presenta diverse inesattezze, anomalie e ricostruzioni che, se letterariamente motivabili come sovrastrutture testuali in rapporto all’ambiente ed agli uomini, non appaiono giustificabili a chi va a rapportarsi in senso più appropriato alla Storia. Essa, in altri termini, viene riesaminata, rivisitata, adattata in modo da fare dimenticare gli stravolgimenti degli eventi e concretizzare un romanzo costellato da creazioni fantastiche che diventano “nei di bellezza” che tranquillamente possono sfuggire al lettore superficiale, senza lasciare traccia, però, dell’imprecisione storica.
La ricerca, suddivisa in tematiche, mette a nudo il confronto tra la Girgenti del romanzo ed Agrigento scelta a Capitale della cultura 2025. Per tale nomina Luigi Pirandello sicuramente sarebbe entrato in crisi per avere espresso giudizi negativi ed una visione non edificante sugli abitanti, sulla loro indole e sull’ambiente Girgentano. Le sue descrizioni, tra l’altro, non erano dissimili da quelle riportate da molti visitatori illustri (Q. Reybourbon, Charles Contejan, L. Trontigno, E. Caudelier, G. Vuiller, A. Drj, Norma Lorimer, E.M. Forster etc). Le espressioni di Pirandello sono come frustate che lasciano il segno:
“cittaduzza arroccata sul colle e priva di ogni iniziativa di progresso; oppressa tra il vano fasto, vecchia città dalla vita meschina, non zotica veramente ma tediata nel vuoto desolato di lunghi giorni tutti eguali, sempre con quel vuoto desolato delle 3 o 4 famiglie conoscenti che gareggiano in spiritosaggini solite dei soliti giovanotti anneghittiti, immelensiti nella povera e ristretta vita provinciale”… città dei corvi e delle campane a morto, dell’accidia, della diffidenza a cui piace cullarsi nella sonnolenza di un passato glorioso “assolutamente nitida nello squallore del suo ambiente, delle sue abitudini e dei suoi abitanti…emblematicamente d’una piatta vita fatta di minghionerie, muro di gomma capace di assorbire ogni urto… crocevia tra il fatalismo, la routine ossessiva, l’inettitudine e la svogliatezza di vivere” .Ed ancora :” I molti sfaccendati della città andavano intanto su e giù, sempre d’un passo, cascanti di noia con l’automatismo dei dementi, su e giù per la strada maestra, l’unica piana del paese…Nessuno aveva fiducia nelle istituzioni, né mai l’aveva avuta. La corruzione era sopportata come un male cronico irrimediabile; e considerato ingenuo o matto, impostore o ambizioso, chiunque si levasse a gridarle contro… In politica sono asini vecchi che fanno sempre la stessa strada”. Tali affermazioni spingono oggi a chiederci:” la situazione oggi è cambiata”? Si sono sdraticate le convinzioni, la mentalità di quel Tempo? La cultura è riuscita ad eliminare “la diffidenza e lo sguardo dell’arabo voluttuoso e sonnolento?”
Il confronto porta inesorabilmente ad effettuare un’attenta analisi per sapere quali meriti annovera rispetto al Passato la città odierna! Quali fatti, avvenimenti, iniziative moderne ed edificanti sono stati posti in essere? Quali movimenti artistici, letterari, culturali, artigianali? Quale economia sostenibile gli abitanti oggi hanno saputo creare per trasformare la Storia di Girgenti tanto da meritare il lusinghiero riconoscimento? La realtà, purtroppo, è amara e triste. Le speranze di miglioramento e le illusioni che aveva suscitato la nomina si sono trasformate in gioco delle parti. Esso inizia con l’esonero del Presidente della “Fondazione Agrigento capitale della cultura 2025”. Tale atto a seguito di un’iniziativa politica eseguita dal sindaco perché sollecitato dal Presidente della Regione. A questo inconveniente si sono aggiunti diversi altri errori che hanno suscitato ironia, sorrisi e scherni offrendo l’immagine di una città non adeguatamente degna di essere Capitale della Cultura. Si pensava che in nome della cultura e dell’afflusso di euro sarebbero stati risolti risolvere molti problemi: l’abusivismo, la mancanza d’acqua potabile, la viabilità caotica, il ripristino del centro storico che cade a pezzi, le strade inagibili (specie quando piove), le fogne da realizzare, le strutture di servizi che lasciano a desiderare, il mancato funzionamento di qualche semaforo per rendere agibile e snella la viabilità senza danno per le persone e per i mezzi di trasporto. Tutto è rimasto come prima! Quali parametri e quali realtà sono stati esaminati ed apprezzate dalla Commissione si chiederebbe Pirandello per attribuirle il riconoscimento di città della cultura? L’unica realtà che rimane è lo splendore dei Templi dorici, l’archeologia che ne fa un museo a cielo aperto, la sua Storia antica splendida ed intramontabile, l’emozione intensa che i tramonti infuocati suscitano e si godono dalla Valle degli dei; il candore del cielo turchino; le spiagge sabbiose bagnate dal caldo mare africano, i coloro naturali e variopinti di piante profumate e dall’odore intenso!
Ma tutto ciò è cultura? È cultura la politica che distrugge molte ville comunali e fa scompare il verde pubblico?? E cosa dire del mancato aumento della presenza turistica? I sogni muoiono all’alba!
Il mio libro vuole essere, comunque, un tributo ed un desiderio di cambiamento che (a fronte delle tante ennesime, disgustanti clonazioni di immobilismo abilitate, oggi, come ieri, ad impaludare il territorio agrigentino) vuole stimolare l’esigenza indefettibile ed inudibile di smuovere le acque stagnanti e di immunizzare dagli eventi, dai mercenari, la città.
Sarebbe ingiusto non aggiungere ed affermare che, forse, è lo stesso sincero atteggiamento d’ amore che Pirandello intimamente ma non ufficialmente ebbe per Girgenti in questo romanzo. Lo scrittore mette a nudo la crisi “dell’io” legandola alla miseria delle popolazioni del sud, allo stato di abbandono e di sfruttamento della Sicilia ridotta a colonia da “mungere”, alla delusione di chi aveva accolto con entusiasmo Garibaldi e si vedeva tradito da leggi inique ed ingiuste, nel descrivere una storia nuda e cruda, così si presentava, così come la ricordava, e senza dubbio, come voleva fissarla a memoria futura. Tuttavia, in cuore suo, ardentemente voleva che quelle esistenze meschine, prive di realizzazioni sociali, economici, culturali, religiose aprissero gli occhi per reagire contro le ingiustizie, le illegalità, la povertà. Il suo fu, secondo me, una presa di coscienza contro l’indifferenza dei bisogni della gente, contro le ruberie (sia di destra che di sinistra). Occorreva gettare la pietra nel pantano per sconfiggere il Silenzio sullo sfruttamento dei poveri e su chi voleva continua ad essere una casta privilegiata come il clero.
Scrisse il prof. A.M. Iacono, ordinario di Storia della Filosofia: “Non si può avere identità senza memoria… chi ne è afflitto lentamente perde sé stesso, dissolve la propria identità… Le malattie cittadine della memoria sono la conseguenza del cattivo rapporto che i governanti hanno con la città. Nei giorni di prosperità permettono di costruire senza criterio, facendo distruggere quel che è vissuto come vecchio e che invece, molto spesso, è antico. Nei giorni di crisi i governanti lasciano che il passato della città vada a pezzi, pietra dopo pietra facendo sì che l’antico diventi vecchio. Una città mal governata è di solito una città senza memoria; è una città senza memoria è di solito senza identità”.
Pirandello, dunque, con la sua analisi ha richiamato l’attenzione per sconfiggere il silenzio sullo stato di abbandono di Agrigento, ritenendo che era un dovere intellettuale aprire gli occhi sulla società, sull’individuo e sul falso perbenismo. Comunque dall’analisi emerge una sola verità: la città resterà capitale della Cultura per sempre essenzialmente per il suo meraviglioso ed antico spirito creativo dei Templi e per le bellezze naturali del paesaggio. (Gerlando Cilona)





