Il convegno ha coinvolto, non a caso, diverse figure dell’area sanitaria In Italia gli immigrati regolari rappresentano l’8,7 per cento della popolazione mentre gli irregolari sono circa il 10 per cento degli immigrati regolari. Gli immigrati irregolari, secondo i dati la dottoressa Ornella Dino, rappresentano un gruppo vulnerabile e sono esclusi dalla fruizione dei più basilari diritti. Ed è proprio qui che si inserisce il diritto alla salute. Non a caso, venerdì e oggi, l’Ordine dei medici chirurghi e odontoiatri (Omceo) di Agrigento; l’Università degli Studi di Palermo; gli Ordini delle professioni infermieristiche (Opi) di Agrigento, Caltanissetta, Palermo e Trapani; Promise, Global Answer e European Commission hanno organizzato una due giorni sul tema “La medicina transculturale: sfide e prospettive interdisciplinari tra l’accoglienza e la cura” che ha coinvolto anche gli studenti del corso di laurea in Infermieristica del Polo universitario di Agrigento. Esperti relatori hanno compiuto un’attenta analisi dello stato dell’arte, cercando di individuare soluzioni che consentano anche agli immigrati l’accesso alle cure superando le difficoltà dettate dalla lingua, dal credo religioso e da uno stile di vita differente.
“Quando il professore Di Marco e il professore Soresi ci hanno chiesto di promuovere un incontro sulla multiculturalità – afferma Santo Pitruzzella, presidente di Omceo Agrigento – ci hanno trovati pronti e ben lieti di collaborare. Questo perché oggi, nei nostri ambulatori, incontriamo persone di diverse etnie e religioni. Ecco, dunque, che la classe medica deve essere preparata a prendersi cura anche di queste persone. E questo è un compito non soltanto del singolo medico ma dell’intera equipe sanitaria”.
Equipe che si riferisce non soltanto ai medici ma anche agli infermieri, come dettaglia Salvatore Occhipinti, presidente dell’Ordine delle professioni infermieristiche (Opi) di Agrigento: “Per quanto riguarda la Medicina transculturale gli infermieri sono i protagonisti insieme ai medici, psicologi e mediatori culturali nel dare un’assistenza ai migranti superando le barriere culturali e linguistiche”. “Sono anni – aggiunge Antonino Amato, presidente Opi Palermo e rappresentante del Comitato centrale Fnopi – che affrontiamo il tema complesso della gestione sanitaria dei migranti. Ed è un tema abbastanza complesso perché riuscire a comprendere la cultura di altri popoli diventa difficile se non c’è una adeguata preparazione. Ecco perché
si rende necessaria una formazione specifica affinché i professionisti infermieri possano avere una preparazione anche sulla base culturale”.
Il convegno ha coinvolto, dunque, diverse figure che operano in ambito sanitario e “in questo modo – spiega Maurizio Soresi, coordinatore del corso di studi in Infermieristica all’Università degli Studi di Palermo – speriamo di aver dato un input allo sviluppo culturale dell’offerta sanitaria per i popoli migranti”. Lo scambio interculturale, d’altronde, è una delle questioni “che il Polo universitario di Agrigento – dice Gianfranco Tuzzolino, presidente del Polo universitario territoriale di Agrigento – affronta con grande impegno nella ricerca scientifica e nella didattica. Dal punto di vista medico si può ancora dire tanto, ci possiamo confrontare su accoglienza, cura, medicina anche perché il Polo universitario di Agrigento include nel suo contesto territoriale anche Lampedusa e sappiamo come sia importante il tema delle cure e dell’impegno”.
La Medicina transculturale, sul nostro territorio, riflette, dunque, la situazione anche negli ambulatori – ribadisce Vito Di Marco, professore ordinario di gastroenterologia all’Università degli Studi di Palermo e dipartimento Promise – frequentati da pazienti extracomunitari ed ecco perché è necessario adattarci alle loro basi culturali. Tanti pazienti di religione musulmana, ad esempio, hanno le loro tradizioni, la loro cultura, la loro lingua e tutto questo fa sì che il medico di Medicina generale debba cambiare un po’ il modo di operare, adattandosi ai pazienti e alle loro patologie”.
Il valore della Medicina transculturale “prescinde dal colore della pelle e dalla religione – sottolinea Carmelo Sciumè, primario di Chirurgia generale al San Giovanni di Dio – E il nostro compito è di rispondere alla domanda di salute di tutti i pazienti, compresi coloro che non dispongono di mezzi di sostentamento per accedere ai servizi sanitari”. (Rita Baio)

