Centinaia di firmatari, tra registi, attori e filmmaker, hanno inviato una lettera aperta alla Biennale e alla Mostra del cinema di Venezia perché prendano posizione contro il genocidio in Palestina. Inviata anche alla Settimana Internazionale della Critica e ai Professionisti del cinema e dell’audiovisivo, della cultura e dell’informazione, con cui si sollecita una presa di posizione sulla gravissima situazione umanitaria palestinese.
Lettera aperta
“Fermate gli orologi, spegnete le stelle”. Il carico è troppo per continuare a vivere come prima. Da quasi due anni a questa parte ci giungono immagini inequivocabili dalla striscia di Gaza e dalla Cisgiordania. Assistiamo, increduli e impotenti, allo strazio di un genocidio compiuto in diretta dallo Stato di Israele in Palestina. Nessuno potrà mai dire: “Io non sapevo, non immaginavo, non credevo”. Tutti abbiamo visto. Tutti vediamo. Eppure, mentre si accendono i riflettori sulla Mostra del Cinema di Venezia, rischiamo di vivere l’ennesimo grande evento impermeabile a tale tragedia umana, civile e politica. Lo spettacolo deve continuare, ci viene detto, esortandoci a distogliere lo sguardo – come se il “mondo del cinema” non avesse a che fare con il “mondo reale”. E invece è proprio attraverso le immagini, realizzate da colleghi, magari amici, che abbiamo appreso del genocidio, delle aggressioni violente e anche omicide a registi e autori in Cisgiordania, della punizione collettiva inflitta al popolo palestinese e di tutti gli altri crimini contro l’umanità commessi dal governo e dall’esercito israeliani. Quelle immagini che in questi mesi sono costate la vita a quasi 250 operatori dell’informazione palestinesi. La Biennale e la Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica dovrebbero celebrare la potenza dell’arte come mezzo di trasformazione, di testimonianza, di rappresentazione dell’umano e di sviluppo della coscienza critica. Ed è proprio questo a renderla uno straordinario mezzo di riflessione, di partecipazione attiva e di resistenza. In risposta alle dichiarazioni spesso tiepide, vaghe o, peggio, comode espresse dagli organi di potere, dell’informazione e della cultura, rivendichiamo una posizione chiara e priva di ambiguità: è tempo non solo di empatia ma anche di responsabilità. La semantica, il linguaggio, le parole e le immagini, non sono accessori, specie per chi crede nell’arte: sono una forma di resistenza fondamentale e necessaria. Altrimenti dovremmo arrenderci all’evidenza che essere cineasti o giornalisti, oggi, non ha più alcun senso. Per questo, noi attivisti, giornalisti e professionisti del cinema e dell’audiovisivo crediamo che per una volta lo spettacolo, almeno per qualche momento, debba fermarsi, interrompere il flusso di indifferenza, aprire un varco alla consapevolezza. Chiediamo quindi alla Biennale, alla Mostra, alle Giornate degli Autori e alla Settimana della Critica di prendere una posizione netta e sostenere queste istanze. Rivendichiamo altresì la necessità di spazi e modalità di narrazione per la Palestina rivolgendoci a tutti coloro che possono e vogliono spostare qualcosa a qualsiasi livello. A Venezia tutti i riflettori saranno puntati sul mondo del cinema, abbiamo tutto il dovere di far conoscere le storie e le voci di chi viene massacrato anche con la complice indifferenza occidentale. Esortiamo tutti i settori della cultura e dell’informazione a utilizzare, in occasione della Mostra, la propria immagine e i propri mezzi per creare un sottofondo costante di parole e di iniziative: che non venga mai meno la voce della verità sulla pulizia etnica, sull’apartheid, sull’occupazione illegale dei territori palestinesi, sul colonialismo e su tutti i crimini contro l’umanità commessi da Israele per decenni e non solo dal 7 ottobre. Invitiamo chi lavora nel cinema a immaginare, coordinare e realizzare insieme, durante la Mostra, azioni che diano risonanza al dissenso verso le politiche governative filosioniste: un dissenso espresso nel segno della creatività, grazie alle nostre capacità artistiche, comunicative e organizzative. Noi artisti e amanti dell’arte, noi professionisti del settore e appassionati del cinema, noi organizzatori e addetti all’informazione, noi che siamo il cuore pulsante di questa Mostra, ribadiamo con fermezza che non saremo complici ignavi, che non rimarremo in silenzio, che non volgeremo lo sguardo altrove, che non cederemo all’impotenza e alle logiche del potere. Ce lo impone l’epoca in cui viviamo e la responsabilità di esseri umani. Non esiste Cinema senza umanità. Facciamo in modo che questa mostra abbia un senso e che non si trasformi in una triste e vacua vetrina. Insieme, con coraggio, con integrità. Palestina libera!
Tra i firmatari ci sono produttori, registi, sceneggiatori, critici e artisti non solo di cinema, tra cui Marco Bellocchio, Laura Morante, Abel Ferrara, Alba e Alice Rohrwacher, Toni e Peppe Servillo, Matteo Garrone, Valeria Golino, Fiorella Mannoia, Luca Lucini, Lucia Mascino, Gabriele Muccino, Susanna Nicchiarelli e tantissimi altri.
La risposta della Biennale
In merito alla vostra Lettera aperta ricevuta oggi sulla Palestina, ricordiamo che la Biennale di Venezia e la Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica sono sempre stati, nella loro storia, luoghi di confronto aperti e sensibili a tutte le questioni più urgenti della società e nel mondo”. Ne sono testimonianza innanzitutto le opere presentate, e ciò accade quest’anno con il film The Voice of Hind Rajab della regista Kaouther Ben Hania, in Concorso, ed è accaduto l’anno scorso con Of Dogs and Men di Dani Rosenberg, in Orizzonti”. Vanno ricordate, peraltro, le parole espresse sul tema dal Presidente della Biennale e dal Direttore della Mostra il 22 luglio scorso alla presentazione del programma di Venezia 82, nonché le dichiarazioni in occasione dell’apertura della Biennale Architettura 2025 e della Biennale Arte 2024, e la lectio magistralis di Luciano Violante, Domicidio, tenuta il 17 giugno scorso all’Arsenale”. La Biennale conclude dicendo di essere, “come sempre, aperta al dialogo