di Mario Calatabiano
“MIRROR” flop. Mostra al Pirandello deserta o quasi per diverse serate di fila. Presenti i vigili del fuoco, il personale di servizio e qualche decina di spettatori. A leggere le note di improvvisati narratori che riscoprono il ruolo del Giovanni Battista che grida nel deserto si tratterebbe di un flop colossale costato oltre 100 mila euro per la delizia della “pro Studios” del cerchio magico. “Passa un fatto” archiviato come uno dei tanti eventi che stanno mascariando una città e un apparato politico fin troppo consapevole dell’identità siciliana. E questo potrebbe essere il punto da dibattere: possibile che “Mirror” non sia stato compreso e apprezzato dal livello culturale ed emotivo degli spettatori agrigentini? Di questo popolo antico mai aduso ad alternanze politiche? Ignobile la mostra “specchio” e i suoi 100mila euro oppure mancanza di intuito per riconoscere che “mirror” si proponeva come un’esperienza intensa che intreccia città, arte, acqua, immagini, musica e pubblico curata da Basak Senova e Jonathan Habib Engqvist? Una proposta per offrire un confronto netto e rovesciato -come hanno scritto gli addetti ai lavori critici- tra la città e le immagini che raccontano migrazioni, esili, sconvolgimenti ambientali dei popoli e del mondo. Possibile che nessuno ci ha visto un controcampo di agrigentinità’? Del controcampo di questa città traumatica dove allignano disuguaglianze nell’uso delle risorse, dello sfruttamento ambientale persino della precarietà della pesca che attanaglia Sciacca e che nella mostra Mirror il fotoreporter Francesco Bellina documenta implacabile?. Peccato non aver fatto comprendere ( forse persino il narratore “homo quidam” non l’ha capito) che nello specchio si riflettevano le condizioni ignobili di un mondo e soprattutto di una città immobile che votò monarchia nel Primo referendum nazionale e che continua a tenere a galla i suoi carnefici.









