Gio. Lug 10th, 2025

SOLONE TORNA AD AGRIGENTO E RACCOGLIE “PETALI CALPESTATI”

Testo e foto di Diego Romeo

Doverosa e improcrastinabile questa promozione del consiglio dell’Ordine degli avvocati presieduto da Vincenza Gaziano e dalla sezione distrettuale di Palermo dell’ANM presieduta da Giuseppe Tango, di mettere in scena al Teatro dell’Efebo “E’ tutta colpa di Solone” dal romanzo di Andrea Cirino e ridotto per la scena da Giovanni Volpe. A presentarlo   il duo Gaziano-Tango che parlano di un momento di riflessione aperto alla comunità agrigentina, dei rischi di una incipiente democratura, di un premierato  come agguato alla Costituzione, di umanizzazione della giustizia. Temi generali e supernazionali  che impensieriscono  ma è poi la pièce di Cirino che scava nel profondo di una Agrigento ormai indifendibile, dove Solone e il suo pensiero  entrano in scena, si intersecano e sbeffeggiano il  malaffare cittadino, si innalza ai  ricordi d’infanzia, si contorce nell’abusivismo come catena del passato, celebra e si commuove per i matti da slegare di cui ancora la cattolicissima Agrigento non riesce a scrollarsi di dosso lo  scandalo del manicomio visto che i malati psichici sono allo sbando con la colpevole assenza di una legislazione che non assolve nessuno. Questo “Solone” non è una novità o una prima visione, sembra di essere condannati a rivangare il passato col rischio di nutrire nostalgie per la Prima Repubblica.  Nell’assistere al “Solone” di Cirino-Volpe si hanno gli stessi sussulti e prime impressioni di quando fu portato in scena “L’onorevole” di Leonardo Sciascia, tempi in cui già i fattacci di  politica e amministrazione superavano  la fantasia letteraria. Oggi che Agrigento è stata condannata ad apparire capitale della cultura come non ricordare  l’”Agrigento fiore appassito dai petali calpestati” (copyright cardinale Montenegro), le puntuali disamine del Procuratore Patronaggio, le lapidarie somme tirate dalla prefetto Cocciufa (“non sempre all’altezza dei complessi compiti e con apparati
amministrativi caratterizzati da carenze di professionalità” e con una  cittadinanza,
che non offre modelli positivi di reazione a gravi fenomeni. La povertà culturale, non disgiunta da quella economica, determina una situazione di arretratezza nella quale
continuano a proliferare le regole dettate dalla criminalità organizzata”.
, la generosa definizione eufemistica che ne diede il questore Ricifari (Agrigento indisciplinata)  e per non essere maramaldeschi non ricordiamo la sfilza di ottusità nelle decisioni di “Capitale della cultura”, il rumore di manette, l’amarezza comprensibile  delle istituzioni di non poter dire alla stampa “fonti non  ostensibili”  come le chiama Violante in riferimento ad Adriano Sofri. Niente “omissis” a Prato dove la stampa toscana premia il procuratore Tescaroli e per fortuna oggi la magistratura gode di un buon gradimento (58%) come si evince da un sondaggio di Youtrend che va da “molto” a “abbastanza” e quindi in direzione contraria a quanto affermato dal ministro Nordio( “I cittadini hanno voltato le spalle ai giudici”). Per la cronaca anche le forze dell’ordine e armate sono al 68% e 67% mentre parlamento e governo sono al 35% e 34%. Segno che il rumore, la propaganda e la demagogia sono ancora ben individuate .Anche e forse soprattutto attraverso l’arte e il teatro, si salvaguardano –è stato rimarcato-i valori della nostra costituzione in un tempo in cui in più parti del mondo la democrazia e lo stato di diritto vacillano.

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