Dom. Giu 1st, 2025

da Agrigento a Siracusa passando per mare e barocco (seconda puntata)

di Francesco Principato

Il B & B in centro è molto comodo, tutto il visitabile è a pochi passi e a portata di… piede, ma parcheggiare la macchina è un’impresa: mi tocca fare tre volte il giro dell’isolato con triplice inchino al Duomo di Ragusa e finalmente riusciamo a districarci fra ZTL e strisce blu e a trovare un posteggio vicino all’alloggio.

Sistemazione bagaglio, doccia rigenerante e via sulle strade di Ragusa Superiore a cercare palazzo Garofalo, monumento del barocco siciliano e sede del museo della cattedrale che ospita la mostra Gli egizi e i doni del Nilo. E’ stato proprio il desiderio di vedere per la prima volta nella vita i reperti egiziani che ci ha spinto fin quassù. La mostra è promossa dal comune di Ragusa ed è realizzata con la collaborazione del Museo Egizio di Torino. Il percorso dell’esposizione alterna pezzi dell’arte e della storia egiziana che va dal 3600 A. C al 600 D. C.. Statue, monili, papiri, maschere funerarie e utensili sono accompagnati da descrizioni che dettagliano stili, usi e materiali. Ad integrare le esegesi dei pezzi in mostra, l’esposizione è accompagnata da una serie di integrazioni multimediali, l’ultima della quale (la stanza interattiva) ci immerge negli ambienti dei faraoni e con effetti speciali ci proietta nella civiltà egiziana: ci rivediamo agghindati come i sovrani del Nilo e circondati da pitture murali e decorazioni artistiche. Ci siamo divertiti un mondo ad assumere movenze e pose da faraoni. Molto divertente e ben fatto, uguale uguale alla immersione multimediale di Agrigento e i Chiaromonte che abbiamo visitato a Santo Spirito. Di mulu! direbbe ddu zavurdo di me cucinu. Il 25 aprile abbiamo pagato biglietto al comune di Agrigento per vedere la mostra ma della “immersione” multimediale (mi dicono di gran pregio e… gran costo) mancu l’ummira: assieme ad alcuni turisti abbiamo potuto ammirare la tenda buia e astutata. Nessuna spiegazione da parte degli impiegati la cui unica mansione era di staccare e incassare. Vabè, lasciamo perdere che è meglio. Smettiamo i panni faraonici e saliamo al piano superiore per visitare anche il museo della cattedrale (compreso nel prezzo del biglietto). Ori argenti pissidi calici cotte statue di santi ex voto e quadri ce li beviamo velocemente e ritorniamo a riveder le stelle. Piazza San Giovanni ci abbraccia ed entriamo nella cattedrale del Patrono di Ragusa; non nel duomo di San Giorgio, ché quello è a Ibla. Eh sì! Mi è stato spiegato che Ragusa e Ragusa Ibla, fino al 1926 comuni indipendenti, anche se poi accomunati, continuano ad avere santo patrono protettore ognuno per i fatti suoi. Unificazione sì, ma a ognuno il suo Santo. Giriamo per le vie di pinninu e d’acchianata ad ammirare gli edifici del barocco ibleo: i palazzi Zacco, Schninà, Lupis e Bertini sfoggiano le loro sculture di putti, conchiglie e teste sbeffeggianti e irridenti e i mascheroni peculiari del barocco: il mendicante, il nobile e il mercante orientale. Scendiamo la scalinata che porta e Ibla, ma la meta per questa sera è la chiesa di Santa Maria delle Scale, un perla architettonica, un gioiello gotico chiaramontano che ha resistito per buona parte al terremoto del 1693. La piccola chiesa mantiene all’ala destra le nicchie ad archi e gli affreschi e le sculture del 1300, l’ala sinistra invece è in stile rinascimentale e la navata centrale è priva di abside. Anche il sagrato ha la commistione di stili del santuario, ammiriamo il frontale chiaramontano ma poi… basta girare le spalle al portale e si resta col fiato sospeso ad ammirare Ibla dall’alto: uno spettacolo di scalinate e di vicoli, che scendono la valle e risalgono la collina fino al duomo di San Giorgio. Le luci che cominciano ad illuminare il vecchio borgo sono invitanti ma rinunciamo, almeno per questa sera: il pensiero della risalita di centinaia e centinaia di scalini ci fa rinviare la visita alla Ragusa più vetusta.

Al risveglio mattutino una pesantezza di gambe e dolorini vari accomuna me e mia moglie. Mentre facciamo colazione decidiamo che non è cosa andare a piedi, non abbiamo più il fisico né l’età. Quindi riprendiamo l’auto dal posteggio pagato a peso d’oro e raggiungiamo Ibla in macchina. E’ ancora presto e i turisti non si sono ancora tutti svegliati, così troviamo un buon parcheggio in via del mercato e risaliamo Ibla dalla parte opposta a quella vista dalla Chiesa di Santa Maria delle Scale. Attraversiamo tutto il corso XXV Aprile e ci immergiamo nei romanzi di Andrea Camilleri, o meglio, nei telefilm del commissario Montalbano. Da un lato, dalla scuola-commissariato di Vigata, immaginiamo di veder spuntare Zingaretti e Catarella e dall’altro lato, dal circolo di conversazione, fantastichiamo di veder ancora il compianto Marcello Perracchio che scuncichìa lo sbirro. Mi guardo intorno e non vedo molta gente: forse è presto o forse… Una domanda emerge a vedere il viale tanticchia solitario: il calo dei visitatori è fisiologico perché finiti i telefilm è finita la promozione turistica? C’è bisogno di uno sceneggiato per avvicinare i turisti e la gente all’arte? Alla bellezza? Alla cultura? Non sarebbe dovere di una città, di una provincia, di una regione che vivono di turismo promuovere continuamente le proprie attrattive? Il pensiero più doloroso arriva a tradimento: Ragusa ha tutte le carte per attrarre i turisti a prescindere dalla fiction ma Porto Empedocle, la vera Vigata, come promuove il territorio del suo figlio più famoso? Nello stato di deprimente abbandono in cui versa, può mai sperare in un futuro votato alla bellezza, all’attrattiva, all’economia turistica? O sarà destinata a svuotarsi e diventare un paese di emigrati, una città fantasma?

Cerco di assicutari i mali pinzeri e alzo gli occhi in fondo al viale, alzo lo sguardo al duomo di San Giorgio. Le gambe sono ancora indolenzite ma affrontiamo questa ultima salita per salutare dall’alto Ibla. Domani ci aspetta il mare, dopo la “scaccia” ragusana ci aspetta la frittura di paranza di Marzamemi.

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